sabato 17 novembre 2012
Tre colori: film Bianco
La trilogia dei colori del binomio Kieślowski-Piesziewicz uscì nelle sale cinematografiche tra il 1993 e il 1994, per la casa di produzione francese MK2 di Marin Karmitz. Le tre pellicole, con trame indipendenti l’una dall’altra, prendono il nome ciascuna da un colore della bandiera francese – blu, bianco, rosso. Ognuna di esse inoltre affronta una propria tematica, la somma delle quali confluisce nel celebre motto rivoluzionario transalpino liberté, égalité, fraternité. Il concetto di uguaglianza è quindi topico in Film Bianco, l’intreccio del quale si snoda in un crescendo sentimentale, drammatico e a tratti grottesco.
Karol (Zbigniew Zamachowski), parrucchiere polacco pluridiplomato, lavora a Parigi ed è sposato con la francese Dominique (Julie Delpy). I due non hanno rapporti sessuali da poco prima del matrimonio poiché Karol soffre di un disturbo dell’erezione. Dominique, stanca per il protrarsi dell’avvilente situazione, lo trascina in tribunale per matrimonio non consumato, dichiara davanti al giudice di non essere più innamorata di lui e ottiene presto il divorzio. Consapevole d’aver subito un trattamento iniquo per la sua condizione d’immigrato (in più non parla francese) e mortificato dal comportamento dell’ormai ex moglie – che lo lascia in mezzo a una strada con un'ingombrante valigia – Karol tenta un ultimo, disperato riavvicinamento con Dominique; ma la situazione peggiora ed è costretto a fuggire, ricercato dalla polizia. In una Parigi fredda e poco accogliente, impegna quasi tutto ciò che gli rimane per acquistare il busto in gesso d’una donna i cui lineamenti tradiscono quelli dell’ex moglie; Karol terrà sempre vicino a sé il busto come feticcio del suo infelice amore. In seguito, mendicando in una stazione della metropolitana, incontra Mikołaj (Janusz Gajos), polacco anche lui, il quale riuscirà rocambolescamente a riportarlo nella sua città natale, Varsavia. È qui che Karol ritrova il fratello Jurek (Jerzy Stuhr) e, aiutato da Mikołaj, insegue la sua volontà di riscatto, anche sessuale, escogitando un piano per ristabilire l’uguaglianza nei confronti di Dominique.
Il cast polacco è di prim’ordine: Zamachowski, Gajos e Stuhr, celebri non soltanto in Polonia, provengono dal teatro e hanno precedentemente recitato per Kieślowski – Jerzy Stuhr lo abbiamo visto in Habemus Papam (2011) nella parte del portavoce del pontefice. Il ruolo di Dominique è interpretato da Julie Delpy, talentuosa e giovane (allora) attrice francese, la quale diverrà nota anche negli Stati Uniti grazie alle ottime performance in varie pellicole del regista americano Richard Linklater (Prima dell’alba, Prima del tramonto, Waking Life).
Molto è stato scritto su Kieślowski, dalla sua formazione come documentarista negli anni del socialismo reale al fatto che sul set dedicasse un’attenzione maniacale ai dettagli: espressioni, gesti apparentemente accessori, caratterizzazioni che sembrano scivolare via con tanta naturalezza, sono spesso frutto d’un paziente lavoro dettato dal cineasta ai suoi attori, come la stessa Delpy afferma nei contenuti speciali del DVD. La predilezione del regista polacco e dello sceneggiatore Krzysztof Piesziewicz per la rielaborazione e l’attualizzazione di temi religiosi, letterari o storici radicati nell’immaginario collettivo – i dieci comandamenti per il Decalogo; il motto rivoluzionario per Tre film: blu, bianco, rosso; il progetto, incompiuto, di basare una seconda trilogia sulla Divina Commedia - ha reso peculiari le loro opere cinematografiche. Nel caso di Film Bianco, la strada che porta all’uguaglianza viene rappresentata come estremamente impervia: la privazione, l’umiliazione e il rischio sono tappe forzate di questo percorso, che Karol compie preservandosi con pazienza, fortezza di spirito, ragionamento. Ma anche senza smettere d’amare colei che non ha saputo comprendere la sua impasse fisica, attivando così la spirale iniqua. Karol, uomo dell’Est, non riesce ad abituarsi all’aria parigina, alla concezione occidentale - presto rinunciataria - dei rapporti di coppia che vede riflessa in Dominique; non a caso le chiede di trasferirsi con lui in Polonia. In ciò si può forse leggere una disuguaglianza che nel loro rapporto sta a monte. Inoltre, se è vero che il carattere decisamente goffo che Zamachowski imprime al suo personaggio concorre a renderlo in alcune circostanze grottesco, è pur vero che ne offre un’immagine estremamente umana e credibile, alla quale non si può che aderire. A livello tecnico, la prolessi (o anticipazione di un evento successivo, cara a Kieślowski) ricorre più volte all’interno dell’intreccio, e spesso si mantiene enigmatica, velata, limitandosi a guidare la percezione dello spettatore.
Gran parte delle riprese furono effettuate nella Polonia dei turbolenti anni di presidenza Wałęsa, in cui il paese stava velocemente passando a una economia di mercato e la disoccupazione raggiungeva livelli mai toccati prima (non a caso Karol, per guadagnare qualche soldo, si affida inizialmente al salone del fratello e ad attività e iniziative non proprio ortodosse). La foto della situazione polacca di allora sta comunque tutta in quel “oggi tutto si compra” che riecheggia nel corso del film. Ultima ma non meno importante, la stupenda colonna sonora del compositore Zbigniew Preisner - grande amico del cineasta polacco e (pare) autodidatta - valore aggiunto di questa pellicola che, ricordiamolo, valse a Kieślowski l’Orso d'argento al Festival del cinema di Berlino per la regia nel 1994.
Prometeo
A me stesso
costretto a precluderti
non perdo il gusto d'eludermi
per trafugarti.
Io Zeus.
Io Prometeo.
Io uomo.
Tu fuoco.
venerdì 9 novembre 2012
Er videopoker
d'ave' er conto stranamente alleggerito
da prelievi misteriosi co' la carta.
Quarche fijo de na scrofa, me dicevo,
de clonalla chissà quanno era riuscito
e mo' succhia da 'sta falla e ce se 'nquarta.
'N me restava che bloccalla e denunzia',
che se pure d'acciuffallo stavo fresco
quantomeno j'avo chiuso er rubinetto.
Poi 'n ber giorno me mannarono a chiama'
pe' mostramme 'n par de video, e lì stranisco
finché er core nun me zompa giù dar petto.
De ave' er ladro dentro casa 'n m'aspettavo
perché quello ne lo schermo compromesso
n'era artri che mi'padre, e 'n me sbajavo.
C'ho avuto istinti brutti, lo confesso,
quanno poi me venne a piagne che li sordi
l'ha buttati ar videopoker come 'n fesso!
Me carmai più tardi, 'n nome dei ricordi,
poi je dissi "Mo' te curi, e annamo 'nsieme.
Ché 'r gioco è droga, e guai si te lo scordi".
domenica 28 ottobre 2012
La moje
Annanno stammatina a Pietralata
a fa la spesa pe' 'a vejarda sora Rosa
a 'na certa vedo gente aradunatatutt'attorno a 'n se capiva bene cosa.
M'avvicino, sbircio 'n po'... e strabuzzo l'occhi!
Spiaccicato lì per tera c'era uno
tutto 'gnudo e, va da sé, bello che a tocchi.
"S'è buttato - sento di' - è er poro Bruno!
Co' qua moje a spenne e spanne i sordi a uffo
... nu' j'ha lassato manco li vestiti p'ammazzasse".
"Ortretutto è risaputo - se n'esce 'n fregno buffo -
che de cornificallo er problema 'n se ponesse".
'N quer mentre t'esce una co' 'n vestitino corto
corenno traballante su li tacchi
se china appena appena vers'er morto
e attacca a cantilena co' li fiocchi:
"Bruno, amore mio! - piagne farlocca -
'sto scherzo no nun me lo meritavo!
Tu guarda che disgrazia che me tocca...
... proprio a me, che ce lo sai quanto t'amavo!".
Lì 'no strano mormorio ruppe er silenzio
e tutti se guardorno co' du occhioni,
finché 'na voce nun troncò quer finto strazio:
"E pensa se te stava sui cojoni!".
Iscriviti a:
Post (Atom)