martedì 27 luglio 2010

Il credente automa


Premessa: scrivo queste brevi riflessioni da agnostico

È giusto dirsi di religione cristiana  senza aver mai nemmeno letto la Bibbia (o almeno il Nuovo Testamento)? Non dico senza conoscere il contesto storico in cui il cristianesimo si sviluppò; mi fermo (e non basterebbe) al suddetto testo sacro. Ognuno risponda ciò che vuole. Io dico di no. Perché allora potrei definirmi comunista senza aver letto almeno Marx ed Engels; anarchico senza aver mai aperto un libro di Proudhon, Bakunin o Malatesta; nichilista senza conoscere Turgenev o aver preso coscienza di cosa fosse quello russo o quello di cui scriveva Nietzche. E non che basti il solo teorizzare, anzi. Insomma, potrei dire di esser ciò che voglio se penso che basti un'infarinatura. E che quell'infarinatura esprima bene o male ciò che ritengo corretto in quel momento. 

Ad ogni modo, tornando alla religione, mi chiedo quanto i massimi esponenti dei vari credi - mi mantengo sul generale - tengano alla qualità dei propri fedeli. Credo che se davvero importasse loro questo e facessero una scrematura, di degni credenti se ne terrebbero meno di un quarto ciascuno rispetto agli attuali. Di tutti gli altri non si può nemmeno dire che siano farisei, perché almeno questi le scritture le conoscevano: attaccavano Gesù perché credevano che le trasgredisse; e lui giù a spiegargli che il sabato è fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato.

L'unico aggettivo che mi viene in mente per definire coloro che non hanno una buona conoscenza di ciò in cui millantano di credere è indifferenti. Potrei dire superficiali ma dico indifferenti, perché non compiono nessuno sforzo mentale e non si pongono alcuna vera domanda che li porti lontano da quella fede che accettano pigramente. Essi non soccombono mai al dubbio, e non perché la loro spiritualità sia così radicata da salvarli, ma perché sono talmente lontani dall'avere una fede che non capiscono l'importanza di metterla in discussione. D'altra parte, sono talmente inquadrati nelle convenzioni da guardarsi bene dall'ammettere la propria ignoranza.
Così non sono né carne né pesce.

mercoledì 14 luglio 2010

Pesci rossi nella boccia


Chissà cosa pensava del'homo technologicus Chris McCandless mentre se ne stava dentro il Magic Bus, durante le buie e fredde serate solitarie nei boschi dell'Alaska. Fisicamente lontanissimo dalla civiltà, ma ancor più mentalmente. Lui che per mangiare aveva scelto di cacciare e raccogliere vegetali commestibili invece di scendere al supermercato sotto casa; che per scaldarsi aveva imparato ad accendersi un fuoco invece di pagare bollette all'azienda statale data in gestione a privati; che aveva scelto il nomadismo come parte integrante di una cultura della conoscenza al posto della stanzialità, perché la stasi sa di morte; che ha espresso così tanta passione, amore e religiosità in ogni suo atto da eguagliare e superare il più buon esempio che uno qualsiasi dei credi presenti al mondo possa offrire.
Aveva trovato il buon nascondiglio, come direbbe Paloma, la dolcissima bambina protagonista de "L'eleganza del riccio".

È vero, il modello di vita che conduciamo - e che abbiamo ereditato - ci offre mille comodità. Ma non può alienarci un paio di cavalli di Troia, che appaiono insignificanti solo se considerati in un arco di tempo breve: la ripetitività e la noia. La loro lenta e inesorabile azione nel cervello arriva infine a concentrare l'esplosività della nitroglicerina. Esse agiscono come il più subdolo dei virus che neutralizza i sistemi di difesa dell'organismo. Così, quando finalmente ti desti per opporti e pensi di ritrovare la spada al solito posto, ti accorgi amaramente che lì non c'è più.
La tecnologia moderna, quella che ha l'obiettivo di eludere la fatica, ci separa ogni giorno di più. Arriveremo ad avere un pianeta ciascuno, senza trovare la volontà di metterlo in comunicazione con gli altri.
Cara dolce Paloma, so cosa pensi del futuro: saremo dei pesci rossi dentro una boccia, a cui va cambiata l'acqua ogni tanto. Altrimenti muoiono nelle proprie scorie.