sabato 22 gennaio 2011

Giappone, carne di balena e Sea Shepherd

Aggiornamento del 02-02-2012: questo lungo articolo apparso su ilpost.it illustra più da vicino la vita in mare e i compiti specifici dei volontari del Sea Shepherd.


Ho sempre avuto una specie d'ammirazione istintiva per il Giappone e la sua cultura. Sarà per i cartoni animati alquanto metafisici. Sarà perché ha sempre dato l'idea d'un paese asiatico atipico, stravagante sotto alcuni aspetti, ma soprattutto capace dopo la Restaurazione Meiji della seconda metà del XIX sec. di emancipare davvero la propria società e tener testa alle politiche occidentali (in buona parte, per la verità, assumendone alcuni connotati). Insomma, ne è passato di tempo "dal 1638, quando i Giapponesi vietarono l'ingresso nel loro paese agli stranieri, ad eccezione degli olandesi, con cui avevano stretti rapporti commerciali, i quali venivano obbligati a profanare il crocifisso, come segno che non volevano propagare dottrine religiose" (Voltaire in una nota del "Candido").

Dei nipponici mi piacciono molte cose. Ma una è davvero odiosa.
Mi piace l'amore e il dialogo sincretico con le proprie tradizioni di ex paese rurale assurto a potenza mondiale. Trovo attraente la filosofia Zen racchiusa nell'Ensō: "un cerchio perennemente vuoto, perché sempre pronto a essere riempito"(Kengiro Azuma). Così come è mirabile l'approccio rispettoso e profondamente sensibile che hanno generalmente nei confronti della natura, il modo in cui ad essa si ispirano e ne emulano i meccanismi nell'arte. Basta guardare, per esempio, i quadri e le incisioni di Hiroshige Utagawa o Katsushika Hokusai.
Ma non sempre è così, purtroppo.
La cosa odiosa è che proprio questo popolo, che ha sviluppato e insegnato un tale rispetto verso tutte le creature viventi, si dedichi oggi alla mattanza di balene in alto mare per il contrabbando della carne. Intendiamoci, non che sia il solo a farlo, ma insomma... ecco, se lo fanno loro ci rimango male doppiamente!




La caccia alle balene in Giappone è consentita soltanto a scopo scientifico. Nondimeno, alla luce del materiale probatorio raccolto da molti gruppi ecologisti, l'Agenzia giapponese per la pesca ha dovuto ammettere le sue colpe e i suoi traffici illeciti.
Esiste un'associazione non-profit che va a caccia di chi va a caccia di balene. E che, a differenza di Greenpeace (e anzi in rotta - pare - con quest'ultima), è nata per usare le maniere forti con le centinaia di whalers nipponiche a caccia di cetacei nell'Oceano Antartico. Parlo della Sea Shepherd. Gli eco-pirati, come sono generalmente chiamati, sono volontari che navigano per mesi inseguendo le baleniere e filmando le loro attività illegali. Non solo: quando finalmente le scovano, le speronano direttamente, come si vede nel video in basso.
Sinceramente, in questa circostanza, mi sento di condividere tali mezzi.


1 commento:

  1. Ho sempre pensato che cacciare le balene sia una delle cose più infami che l'uomo possa fare! Quindi condivido pienamente il tuo pensiero e l'operato della Sea Shepherd. Se non vogliono capirlo con le buone...

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