martedì 17 aprile 2012

La società di coloro che si rimpinzano di pietanze


Qui di seguito una parafrasi ironica de "La società dei magnaccioni" (versione ridotta), celebre canzone popolare romanesca. Più giù il testo originale in dialetto.


Scostatevi oh! uomini dabbene, di modo che s'avanzi
codesta gioventù di capitolina provenienza,
dalla fantasia d'un abile pittore le nostre fattezze scaturiscono
e il cor delle donzelle soggioghiam
(e il cor delle donzelle soggioghiam)

Che cosa c'importa, poco ce ne cale
se il taverniere ha edulcorato con dell'acqua la nostra bevanda alcolica
                                                            [ottenuta dalla fermentazione del mosto d'uva
perciò gli facciam notare, senza badar alla buona creanza,
che a causa di tale fanciullesco sotterfugio non gli verrà corrisposta alcuna somma in
                                                                                               [danaro, a ogni modo
noi siam coloro che coralmente rispondono
è di gran lunga da preferir la suddetta bevanda alcolica prodotta nelle adiacenze di
                                                                                                                 [Frascati
rispetto a codesta sordida confraternita di furfanti.

Gradiamo pollame in genere e ovini non ancora maturi
per il semplice assunto che son privi di lische
al contrario del merluzzo essiccato e conservato sotto sale.
La società di coloro che si rimpinzano di pietanze, la società delle nuove leve.
Ribadiamo la nostra naturale predilezione per vivande e libagioni
così come rigettiamo in blocco la settimana lavorativa.

Cortesemente, gradiremmo ulteriori dieci decilitri del nettare fin qui tanto osannato
di modo che si possa proseguire a ingollarne
e in seguito replicare
Or quindi? Or quindi? Cosa accade?

E nel momento in cui quello stesso mosto ottimamente fermentato, ohibò!
Giunge a ridosso dell'ingluvie, ohibò!
Proprio lì nella gorgia, ohibò!
determina un'escrescenza, ohibò!

Per esser concisi, per andar dritti al nocciolo
oh! amabile taverniere
presentati a' nostri occhi con ulteriori libagioni,
libagioni, libagioni!




La società dei magnaccioni

Fatece largo che passamo noi,
'sti giovanotti de sta Roma bella,
semo regazzi fatti cor pennello,
e le regazze famo innamorà.
(e le regazze famo innamorà.)

Ma che ce frega, ma che ce importa,
se l'oste ar vino c'ha messo l'acqua,
e noi je dimo, e noi je famo,
c'hai messo l'acqua e nun te pagamo ma però
noi semo quelli, che ja risponnemo n'coro
è mejo er vino de li Castelli
de questa zozza società.

Ce piacciono li polli, l'abbacchi e le galline,
perchè so' senza spine,
e nun so come er baccalà.
La società de li magnaccioni,
la società de la gioventù,
a noi ce piace de magna' e beve,
e nun ce piace de lavora'.

Portace n'artro litro,
che noi se lo bevemo,
e poi ja risponnemo
embè, embè, che c'è?

E quando er vino, embè,
ciariva ar gozzo, embè,
ar gargarozzo, embè,
ce fa n'ficozzo, embè.

Pe' falla corta, pe' falla breve,
mio caro oste portace da beve,
da beve, da beve.

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