venerdì 8 gennaio 2010

Questa non è solo una torre


Esistono cose, oggetti e persone che tornano ciclicamente. Spesso trascendendo il loro significato strettamente fisico. Se poi siamo ferventi fruitori di fantasia, tali manifestazioni possono assurgere a vere e proprie simbologie. Come mi succede se incontro o penso ad una torre.

Questa ha assunto in passato le più note e disparate accezioni pratiche, sviluppatesi trasversalmente e con grande velocità in età feudale; ma è sul versante metafisico che mi dà l'impressione di incarnare due significati principali e molto diversi.
Il primo è quello che fa riferimento all'episodio della Torre di Babele raccontato nella Genesi, nel quale la superbia del genere umano, creatore di una costruzione che aveva la pretesa d'innalzarsi fino al livello di Dio, finisce per essere punita da quest'ultimo; l'errore fu forse farsi fuorviare dall'orgoglio, suggeritore di un'ascesa materiale al divino, che avrebbe invece dovuto essere intesa in senso spirituale.
Il secondo, che è collegato in parte alla sua finalità reale, cioè quella funzionale alla vigilanza, riguarda la pura e semplice osservazione dall'alto attraverso l'elevazione dello spirito sensibile; la riflessione, lontano dal soggetto stesso che la provoca, per averne una visione migliore.

E' affascinante accostare l'immagine della torre ad una via di fuga. Soprattutto durante i mille anni circa di Medioevo, coloro che potevano annoverare una o più torri (di guardia o di ornamento) tra le proprietà avevano una possibilità concreta di sfuggire a frequenti saccheggi o razzie di eserciti di passaggio: infatti, ad una certa altezza, il persorso di salita nella torre s'interrompeva, e sul soffitto (posto molto in alto) vi era un vano accessibile solo tramite una scala ritraibile, di corda solitamente. Ciò, ovviamente, permetteva agli inseguiti di tagliare fuori gli inseguitori (almeno finché anch'essi, testardi, non si fossero procurati una scala).
Non è forse, in senso figurato, ciò che fa ognuno di noi quando sente il bisogno di isolarsi?

Tuttavia, quando ci abbandoniamo alle nostre memorie o ai sentimenti più reconditi, sono due le tipologie di percezione del moto che possiamo provare: ascesa o discesa. Si può avere l'impressione di un'attività ascensionale quando si pensa ai ricordi felici, alle memorie più dolci, quelle che, come farfalle, sembrano essere prive di peso, benché ne abbiano a livello emotivo. Sembrerà invece di discendere quando i sentimenti incoffessabili, quelli che teniamo nascosti, un percentuale dei quali rifiutiamo addirittura di riconoscere come nati in seno a noi, percorrono i nostri sentieri interni. Al contrario delle amene immagini mentali, questi pesano come macigni e, in proporzione all'importanza che hanno, ci opprimono; Dostoevskij ne ha fornito una descrizione lucida e impietosa in "Memorie del sottosuolo".

Forse è così che interpreto una torre: che sia essa esposta al buio della notte o al calore d'un sole di luglio, è comunque elevata.
Roma pullula di torri e torrioni di ogni epoca sia nel centro storico che in periferia, ma ve n'è una littoria, altissima, che adoro guardare. Si trova lungo la Collatina. Se poi riuscissi a salire su uno dei minareti della Moschea Blu di Istanbul sarei felice come un onironauta.



P.s. Curioso: ho da poco scoperto che sullo stemma del paese di nascita di mio papà vi è una torre.

Nessun commento:

Posta un commento