mercoledì 21 aprile 2010

Spirali



Giornata normalissima, fin quando in auto il mio pigro cervello non ricompone i pezzi. Nel corso della mattinata ho avuto modo di apprendere due notizie che, accostate l'una all'altra in un lasso di tempo relativamente breve, mi hanno gettato in pasto a una vertigine.
Una signora sulla cinquantina inoltrata mi porge felice e sorridente il suo cellulare, in cui vi sono alcune foto di un bambolotto rubicondo: è il suo nipotino nato da pochi giorni. Nemmeno due ore dopo vengo a sapere di un mio coetaneo. Uno di quei ragazzi a posto; di quelli coi quali una birra serale al pub può far solo piacere. La sua compagna ha dato alla luce un bambino con gravi malformazioni cardiache ed encefaliche.
Al di là del forte stridere delle due situazioni, non so perché non abbia subito associato il ragazzo alla neo nonna. L'ho fatto solo dopo qualche ora. Chissà quante altre volte connessioni del genere mi sono letteralmente sfuggite. Superficialità? Vade retro!
Spesso la vita mi ha dato prova che un solo cervello, funzionante o meno che sia, non mi basta per comprenderla in parallelo, in tempo reale; eppure dovrebbe essere questa la sua prerogativa principale. Del resto, se dobbiamo citare Leibniz e dire che questo è il migliore dei mondi possibili, che Dio ha operato e opera al meglio delle sue possibilità, allora io questo cervello ce lo devo avere, perché serve. Anche se non sempre a me.
Eppure, maledizione, l'universo si mostra a ogni persona in modo direttamente proporzionale alla realtà che vive e alla sensibilità di cui è dotata, e quindi sempre e comunque parzialmente. Non solo: la sua comprensione da parte nostra deve necessariamente passare attraverso il rullo dei bisogni.

Bisogna riconoscerlo: non siamo stati dotati di un gran binocolo per guardarci intorno.

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