mercoledì 23 marzo 2011

Libia


Un ex militare olandese in pensione, un radioamatore, a pochi giorni dall'inizio delle operazioni in Libia da parte dei willings per l'attuazione della No-fly zone, è riuscito a intercettare la comunicazione (prima in inglese, poi in francese e infine in arabo) di un caccia americano ad alcune navi libiche, e l'ha postata sul suo account Twitter.


«Le forze del regime di Gheddafi stanno violando una risoluzione Onu che impone di mettere fine alle ostilità nel vostro Paese. Se tenterete di lasciare il porto, verrete attaccati e distrutti immediatamente».


Procedimento ripetuto per altri messaggi radio tra gli aerei della Coalizione e le rispettive basi. Non solo, ma come spiega un articolo de le Figaro, l'anziano rivela sistematicamente la posizione dei caccia grazie al fatto che i piloti sono vincolati a dover dichiarare la loro rotta di volo per evitare collisioni con aerei civili. Che sia stato proprio un ex militare, conscio della segretezza di tali informazioni, è strano; anche se è olandese, il popolo europeo infrangi-tabù pr eccellenza.
Questo tipo di intercettazioni non sono una novità. Lo è il renderle pubbliche sul web, e più specificamente su un social network, ed è inutile dire quanto questo rappresenti un problema per gli stati maggiori, che vedono violata la segretezza degli ordini.

Ulteriore conferma di come stia lievitando sempre di più e acquistando credito la condivisione diretta di qualsiasi tipo d'informazioni non soggette ad alcun filtraggio. E questo sia nel bene che nel male. Moltissimi sono stati i bloggers nordafricani dei Paesi coinvolti in questi ultimi mesi in manifestazioni, rivolte e rivoluzioni che ogni giorno - connessione permettendo - scrivevano post su post riguardanti la situazione politica che si trovavano a fronteggiare e le repressioni delle polizie lealiste. Ma ancora prima, nelle elezioni presidenziali del 2009 in Iran che videro la rielezione del conservatore Aḥmadinejād, elezioni-farsa, centinaia di video - spesso crudi - invasero Youtube, testimoniando la violenta reazione del regime teocratico sciita alle accuse di brogli espresse con veemenza dalle opposizioni; pestaggi e uccisioni dei manifestanti da parte dei pasdaran e dei paramilitari basij fecero il giro del mondo. Questo utilizzo del web ci porta dritti a ciò che oggi accade nel Maghreb e nel Mashrek. Internet come mezzo logistico per sobillare rivolte, per coordinare gruppi eterogenei oltre i confini statali e per testimoniare la repressione nel momento in cui avviene.
Il ruolo della rete ha però dato l'impressione d'essere più presente tra gli insorti tunisini, algerini ed egiziani che non - se non inizialmente - in quelli libici, che subito dopo il Dies Irae del 17 febbraio scorso, hanno dovuto armarsi di Kalašnikov prima per difendersi e poi per ingaggiare una decisa lotta armata contro le forze di Gheddafi, conquistandosi città per città col sacrificio del sangue. Una guerra civile con condimento di mercenari lealisti, in cui lo squilibrio tra le forze è palese dal momento in cui il Colonnello rompe gli indugi: volontà, disperazione e spirito di abnegazione male armati da una parte contro una dittatura decadente, senza più legittimità, ma armata fino ai denti dall'altra. Anche se in maniera obsoleta, dopo l'embargo. Arriviamo quindi all'intervento delle Nazioni Unite con la risoluzione 1973 e l'istituzione - che molti hanno giudicato tardiva - di una no-fly zone che è anche, dall'inizio, una no-drive zone.

Giusto o non giusto l'intervento di forze esterne in una guerra civile, come lo è quella libica?

Credo ci si debba chiedere prima qual è l'obiettivo dell'operazione, che ha un nome tipicamente a stelle e strisce, Odissey Dawn, e che quindi non è accostabile, come sostenuto da alcuni giornalisti, a una "guerra breve" - come se si potessero prevedere i tempi d'una qualsiasi guerra e scegliere anticipatamente le persone che dovranno perire e solo quelle. Di obiettivi ce ne sono due al momento: uno dichiarato e nobile, motivo della risoluzione 1973, ossia la fine delle violenze sui civili libici; l'altro, desumibile, però non presente nella risoluzione, messo in chiaro inizialmente solo dagli Usa attraverso le estrernazioni della Clinton, cioè cacciare Gheddafi. Ma le varie volontà all'interno delle Nazioni Unite più che risolute sembrano seguire il vento. La Cina e la Russia, che nel votare la risoluzione s'erano astenute, avallando la no-fly zone, quando sentono parlare di Nato assumono comportamenti ambigui: Medvedev "zittisce" Putin - che aveva definito "Alba dell'Odissea" una crociata medievale - dimostrando che i russi hanno anche un Presidente, oltre a un primo ministro; i cinesi fanno direttamente dietrofront e chiedono il cessate il fuoco. Stessa cosa dicasi per l'Unione Africana. Poi il balletto Onu-Nato su chi debba assumere la guida e la coordinazione degli interventi. Che vanno comunque avanti.

Giovanni Fontana, un blogger che stimo per le argomentazioni spesso argute, ha scritto un post molto interessante dal titolo "Cinque stupidaggini sulla Libia". La parte che più ho apprezzato, e che si riferisce a una delle possibili obiezioni di coloro che si dicono contrari all'intervento, è questa:

5) Anche altrove ci sono violazioni dei diritti umani

Questo è l’argomento che l’Independent ha definito Perché-Dovrei-Mettere-In-Ordine-La-Mia-Cameretta-Quando-Il-Mondo-È-Così-Incasinato. È giusto o non è giusto mettere in ordine la cameretta? Si fa bene o si fa male? Certo, in Arabia Saudita, in Bahrein, in Qatar, in tante parti del mondo ci sono violazioni dei diritti umani: sostenere che, siccome si sbaglia in un posto, bisogna sbagliare in tutti i posti è ridicolo. Anzi, sostenere questo porta come logica conseguenza il sostegno a molti più interventi come questi qui, almeno dove ciò è fattibile. Insomma, chi è a favore di questo intervento ha ragioni di obiettare “perché non anche lì?”, ma chi è contro dovrebbe – semmai – celebrare il fatto che non ce ne siano di altri interventi simili.

S'è detto e scritto che l'intervento di Sarkozy sarebbe tutt'altro che disinteressato per questioni di politica interna francese. Il suo partito perde consensi, cosa dimostrata anche dal pessimo risultato alle elezioni cantonali di qualche giorno fa: terzo posto per i conservatori, scavalcati perfino dal Front National di Marine Le Pen. L'istinto è quello di mettere in relazione ciò con la determinazione mostrata dalla presidenza  francese nei confronti di Gheddafi. Ma non è certo da oggi che Sarkò viene contestato. Già l'anno scorso a Parigi mi sono trovato nel bel mezzo di una grossa manifestazione dell'equivalente del nostro Popolo Viola, che sfilava nei pressi di Place de la Bastille.




Insomma, se questa operazione serve finalmente a difendere l'incolumità dei civili libici - cosa che le democrazie occidentali si sono ben guardate dal fare per decenni, non discostandosi di molto dalla vecchie politiche colonialiste - allora senz'ombra di dubbio trovo l'intervento militare più che giustificato. Se si vuole mantenere una linea coerente, chi condannò l'indifferenza del mondo al genocidio ruandese, ora non può non volere questo intervento.
Il problema è che la no-fly zone non basterà a fermare i crimini lealisti, e gli occidentali  non possono schierarsi apertamente con gli insorti e fare la guerra al loro fianco se non vogliono contravvenire alla risoluzione 1973 e perdere quindi legittimità agli occhi di importanti interlocutori. Cosa succederà se i ribelli, nonostante gli aiuti, non dovessero farcela?

Nessun commento:

Posta un commento